La Chimère
La Chimera
2023
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«Queste cose non sono fatte per gli occhi degli uomini, ma per le anime.» Una frase dai molteplici sensi ripetuta parecchie volte nell’ultimo episodio della trilogia bucolica e campestre di Alice Rohrwacher. Dopo l’Umbria per «Le meraviglie» (2014) ed il Lazio per «Lazzaro felice» (2018), la regista italiana ci porta questa volta nell’Etruria degli anni ’80, dove girovaga Arthur, un giovane archeologo in piena crisi esistenziale.
Arthur, è un Inglese dalle origine misteriose di cui si sa soltanto che è appena uscito dal carcere e che vive nell’estrema misera dell’Italia rurale. Abitando in un tugurio ai piedi di un muro di cinta del paese, può comunque contare sulla famiglia della sua defunta fidanzata e sui suoi amici. Perché questo galeotto possiede un talento insospettato: è un eccelso rabdomante, capace di scoprire antiche tombe che lui e la sua banda volentieri saccheggiano–è un tombarolo. Ma questa attività non risolve i suoi problemi di cuore e di anima.
«La Chimera» è un film nello stesso tempo denso e leggero: Alice Rohrwacher ci propone con fluidità diverse interpretazioni, giocando con i cambi di registro (tra cui il comico, l’onirico, l’assurdo), con l’alternanza dei formati di immagine, e perfino con un estemporaneo e naturale multilinguismo. I personaggi stessi si mostrano autentici e precisi nelle loro azioni e reazioni, invitandoci a addentrarci nei loro interiori meandri: citiamo Pirro (Vincenzo Nemola) e la sua cupidigia, Italia (Carol Duarte) e la sua indipendenza, ed ovviamente Arthur (Josh O’Connor) e la sua ricerca di senso.
Ricco di un universo immersivo e di un’armonia prismatica, il lungometraggio costituisce una favola meravigliosa e nostalgica di un’epoca che tuttavia sta già mostrando segni di decrepitezza–perché afflitta da avidità, solitudine, oblio e mancanza di rispetto per il passato (tanto per i resti etruschi quanto per le storie personali). «La Chimera» contiene altresì messaggi femministi e suggerisce poeticamente una filosofia di vita che si può riassumere in un filo conduttore: sapere cosa ci rende(va) davvero felici. Un film da meditare.
Axel Chevalier
(Traduzione di A.C.)